Il danno biologico
Come anticipato, il danno biologico è una tipologia di lesione sconosciuta al codice civile, ma accreditata da dottrina e giurisprudenza, consistente nel pregiudizio arrecato all’integrità soprattutto fisica (ma anche psichica) dell’individuo. La definizione fornita dalla Corte di Cassazione lo identifica come una menomazione dell’integrità psico-fisica in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul valore-uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto dell’ambiente in cui la vita si esplica, e avente rilevanza non solo economica, ma anche biologica, sociale ed estetica56”. Questa figura è stata creata nel corso degli anni grazie all’operato della giurisprudenza, affiancandosi al danno patrimoniale e al danno morale previsto dalla legge, acquisendo sempre più un settore ben determinato: lede, infatti, l’efficienza somatopsichica del soggetto. Solo la Corte Costituzionale, nella sentenza 184/86, ha delineato i confini del danno biologico rispetto agli altri: “Il danno biologico costituisce l’evento del fatto lesivo della salute mentre il danno morale subiettivo (ed il danno patrimoniale) appartengono alla categoria del danno-conseguenza in senso stretto. La menomazione dell’integrità psico-fisica dell’offeso, che trasforma in patologica la stessa fisiologica integrità (e che non è per nulla equiparabile al momentaneo, tendenzialmente transeunte, turbamento psicologico del danno morale subiettivo) costituisce l’evento (da provare in ogni caso) interno al fatto illecito, legato da un lato alla componente interna del fatto, il comportamento, da un nesso di causalità e, dall’altro, alla (eventuale) componente esterna, danno morale subiettivo (o danno patrimoniale) da altro, diverso, ulteriore rapporto di causalità materiale. In senso ampio, dunque, anche l’evento “menomazione dell’integrità fisio-psichica” del soggetto offeso, è conseguenza, ma tale è rispetto al comportamento, mentre, a sua volta, è causa (ove in concreto esistano) delle ulteriori conseguenze, in senso proprio, dell’intero fatto illecito, conseguenze morali subiettive o patrimoniali. Il danno morale subiettivo, che si sostanzia nel transeunte turbamento psicologico del soggetto offeso, è danno-conseguenza, in senso proprio, del fatto illecito lesivo della salute e costituisce, quando esiste, condizione di risarcibilità del medesimo. Il danno biologico è, invece, l’evento, interno al fatto lesivo della salute, che deve necessariamente esistere ed essere provato, non potendosi avere rilevanza delle eventuali conseguenze esterne all’intero fatto (morali o patrimoniali) senza la completa realizzazione di quest’ultimo, ivi compreso, ovviamente, l’evento della menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto offeso. Il danno-biologico (o fisiologico) è danno specifico, è un tipo di danno, identificandosi con un tipo di evento. Il danno morale subiettivo è, invece, un genere di danno-conseguenza, che può derivare da una serie numerosa di tipi di evento; così come genere di danno-conseguenza, condizione obiettiva di risarcibilità, è il danno patrimoniale, che, a sua volta, può derivare da diversi eventi tipici.” La tutela del danno alla salute57 va rinvenuta nel combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. e nel d.lgs. 4 marzo 1947 n. 1968, il quale, nel recepire la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (costituita a New York il 22 luglio 1947), fornisce una definizione di salute come “benessere fisico, psichico e sociale e non consistente soltanto in un’assenza di malattia o di infermità. Il possesso del migliore stato di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”. Nell’ordinamento italiano58 vi sono diverse discipline in tema di salute: alcune ne tutelano l’integrità (artt. 32 Cost. e 2043 c.c. secondo l’interpretazione della sentenza 184/1986), altre ne definiscono il significato e devono essere comunque applicate, indipendentemente dal fatto che se ne condivida o meno il contenuto. Questi dati vengono oggettivamente riscontrati nell’art. 4 della l. 194/197859, che prevede che la donna possa interrompere la gravidanza quando il parto o la maternità “comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica”; l’art. 9 dello Statuto dei Lavoratori60 differenzia la tutela della salute del lavoratore e la sua integrità fisica, come l’ articolo 2087 c.c. quando tratta della “tutela dell’integrità fisica” e della “personalità morale” dei prestatori di lavoro: se l’integrità fisica coincidesse con la nozione di salute, il legislatore non avrebbe distinto i due concetti61 . La definizione del concetto di salute data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e recepita dall’ordinamento, indica, di conseguenza, che in Italia è tutelata non solo la malattia in sé, ma anche il benessere generale dell’individuo. Così individuato, il danno biologico potrebbe essere scisso in due componenti: 1) l’aspetto statico, ovvero la menomazione di carattere fisico o psichico che la vittima subisce a prescindere dalla ripercussione che potrà avere, 2) l’aspetto dinamico, ovvero gli eventi consequenziali derivanti dalla lesione. In questa categoria, la giurisprudenza ha ideato una serie di ipotesi risarcitorie autonomamente elaborate:
- il danno estetico: consistente nella menomazione dei caratteri morfologici della persona;
- il danno alla vita di relazione;
- il danno alla vita sessuale;
- l’incapacità lavorativa generica.
Questi criteri, pur avendo una matrice oggettiva applicabile ai casi concreti, sono legati al principio della personalizzazione del danno in sede di liquidazione. Fu infatti la Corte di Cassazione, con una serie di pronunce degli anni novanta, a fissare una sorta di linea guida della tutela risarcitoria del danno biologico, articolata nell’esigenza di una uniformità pecuniaria di base da equilibrarsi con la necessaria elasticità e flessibilità che i casi concreti spesso richiedono. Per adempiere a questi indirizzi, le corti di merito, a partire dal Tribunale di Milano (1995), hanno elaborato delle tabelle62 per la liquidazione del danno biologico, che hanno però dato l’esito inverso: non vi fu, infatti, un’uniformità nell’elaborazione delle tabelle, creando di fatto delle disparità di trattamento. La tabella del Tribunale di Milano è basata sul principio “progressivo”, ove il valore monetario del singolo punto di validità aumenta con l’aumentare dell’invalidità permanente complessiva, e il principio “regressivo”, ove il valore decresce con il crescere dell’età dell’individuo leso. Per rimediare a questa mancanza, il Gruppo di Ricerca del C.N.R. sul danno alla salute, nel 1996, ha redatto una tabella a carattere nazionale, con esiti non efficaci, alla luce del fatto che tutt’ora vi sono delle differenze risarcitorie che variano da un tribunale all’altro.