L’autopsia psicologica per conoscere lo stato psichico della vittima

Effettuare la c.d autopsia psicologica, come nel caso trattato di suicidio, risulta non solo corretto, ma utile ed opportuno, al fine di poter determinare lo stato psicologico in cui versava la vittima prima e durante la commissione del fatto. Una ricostruzione di tipo ermeneutico – narratologico, finalizzata ad illustrare il funzionamento psico – comportamentale del soggetto prima della sua morte ci consente di dare nuove chiavi interpretative della causa del suo decesso.
METODO
Ricostruire la trama esistenziale del soggetto defunto attraverso la raccolta di informazioni, è l’unico modo che ci consente di poter ricostruire quanto il soggetto ha pensato, provato, fatto prima della morte, e poi i suoi comportamenti anche abituali, la sua personalità, lo stile di vita, le consuetudini, le relazioni interpersonali, la sua vicenda esistenziale (Ciappi, 2013) L’attenzione viene dunque posta sulla vittima, sulle sue condizioni di vita, sulle sue relazioni interpersonali. Una delle maggiori criticità che appare opportuno segnalare, in tema di investigazione retrospettiva, è la mancanza di procedure standard, superabile se venisse sviluppato un protocollo operativo uniforme (Marvelli, 2015). Uno strumento metodologico di supporto importante è l’Autopsia psicologica che Edwin Shneidman, padre della suicidologia, definisce come “la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa con lo scopo di assistere il magistrato nel prendere una decisione nell’ambito del certificato di morte” Fu nel 1961 che Shneidman e Norman Farberow111 elaborarono il primo modello di autopsia psicologica basato sull’intervistare persone che conoscevano il deceduto per ricavare informazioni circa l’intenzione del deceduto di aver cercato la morte. Il modello indaga 16 aree della vita della vittima che, ripreso nel 1963 dal dott. Litman, ne identificò uno ulteriore orientato sulla ricostruzione in senso biografico del soggetto, enfatizzando aspetti come il suo stile di vita, la personalità, gli stress recenti, l’infermità mentale e l’enunciazione di idee orientate alla morte focalizzando l’attenzione sulle ultime ore e gli ultimi giorni. In questa metodologia venne rilevato un punto debole: ovvero la mancanza di una procedura standard da seguire per stabilire come si andrà a realizzare, ragione per la quale gli investigatori misero in discussione la validità e l’affidabilità del procedimento. Altri studiosi come Ebert, Young ed Annon nel 1987, nel 1992 e nel 1995 elaborarono altri modelli per arrivare ad una standardizzazione. Ma l’ulteriore elaborazione di un modello di autopsia psicologica venne sviluppato a Cuba prendendo come quadro teorico le investigazioni di Litman, Terroba e Saltijeral. Il modello, basato su 59 items, è strutturato in modo che il margine di errore sia ridotto al minimo. Il MAP (Modelo de Autopsia Psicologica) venne creato attraverso la revisione dei modelli, delle scale di valutazione, delle guide e dei formulari tratti da lavori precedenti. Successivamente vennero incorporati altri items ed il modello così perfezionato prese il nome di MAPI (Modelo de Autopsia Psicologica Integrado). In quanto alla connotazione scientifica il MAPI è stato validato dal Ministero della Salute Pubblica di Cuba in particolare dall’Istituto di Medicina Legale della Citta de la Habana attraverso tre investigazionj realizzate tra il 1990 e 1996 sulle vittime di suicidio, omicidio ed incidenti, procedendo in tre fasi ed applicando il metodo ad almeno due familiari, conviventi o vicini al soggetto.
Riuscire a determinare lo stato psichico in cui versava il soggetto al momento del suicidio diventa di fondamentale importanza al fine di poter, al pari dei casi di omicidio, responsabilità proprie e/o di terzi.