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11 Ottobre, 2024

Buongiorno, oggi desidero affrontare alcune questioni che evidenziano una problematica attuale. Purtroppo, il lavoro nelle forze dell'ordine e nelle forze armate, nonostante sia un mestiere estremamente nobile, sta diventando sempre meno ambito. Ciò è probabilmente dovuto all'inadeguatezza della retribuzione e al pesante carico delle mansioni. Perciò molti giovani scelgono di non intraprendere questa carriera né di partecipare ai concorsi, il che è davvero un peccato.

Coloro che attualmente prestano servizio nelle forze armate e nelle forze dell'ordine si trovano a dover affrontare una carenza di personale, il che comporta un sovraccarico di lavoro e, talvolta, anche la mancanza di un adeguato riconoscimento della loro idoneità al servizio, un aspetto che dovrebbe essere ormai garantito. Ho incontrato militari affetti da patologie invalidanti che faticavano a svolgere le loro mansioni con serenità e ho visto l'ospedale militare spesso rimandare le visite, nella speranza che i pazienti si riprendessero nel frattempo. Tutto ciò ha causato notevole disagio tra i militari.

Per queste ragioni, ho ritenuto necessario sollecitare le visite mediche presso gli ospedali militari, accompagnando i pazienti con medici che potessero confermare la loro idoneità totale e permanente al lavoro. Se avete bisogno di un consulto, non esitate a contattare il nostro studio. Grazie.
Per un consulto gratuito, mandare un messaggio vocale al 3494442639.
Per una consulenza maggiormente strutturata con la visione di documentazioni, fissare un appuntamento online o in presenza allo 080 5584348.
Per ulteriori informazioni visitare il sito www.studioavvocatolieggi.com
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Buongiorno, oggi desidero affrontare alcune questioni che evidenziano una problematica attuale. Purtroppo, il lavoro nelle forze dellordine e nelle forze armate, nonostante sia un mestiere estremamente nobile, sta diventando sempre meno ambito. Ciò è probabilmente dovuto allinadeguatezza della retribuzione e al pesante carico delle mansioni. Perciò molti giovani scelgono di non intraprendere questa carriera né di partecipare ai concorsi, il che è davvero un peccato.

Coloro che attualmente prestano servizio nelle forze armate e nelle forze dellordine si trovano a dover affrontare una carenza di personale, il che comporta un sovraccarico di lavoro e, talvolta, anche la mancanza di un adeguato riconoscimento della loro idoneità al servizio, un aspetto che dovrebbe essere ormai garantito. Ho incontrato militari affetti da patologie invalidanti che faticavano a svolgere le loro mansioni con serenità e ho visto lospedale militare spesso rimandare le visite, nella speranza che i pazienti si riprendessero nel frattempo. Tutto ciò ha causato notevole disagio tra i militari.

Per queste ragioni, ho ritenuto necessario sollecitare le visite mediche presso gli ospedali militari, accompagnando i pazienti con medici che potessero confermare la loro idoneità totale e permanente al lavoro. Se avete bisogno di un consulto, non esitate a contattare il nostro studio. Grazie. 
Per un consulto gratuito, mandare un messaggio vocale al 3494442639.
Per una consulenza maggiormente strutturata con la visione di documentazioni, fissare un appuntamento online o in presenza allo 080 5584348. 
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23 Luglio, 2024

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19 Aprile, 2024

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15 Aprile, 2024

VITTORIA AL TAR - I TRANSITATI NEI RUOLI CIVILI HANNO UNA SPERANZA! ... See MoreSee Less

VITTORIA AL TAR - I TRANSITATI NEI RUOLI CIVILI HANNO UNA SPERANZA!Image attachment

06 Aprile, 2024

TRANSITO NEI RUOLI CIVILI
LE NUOVE SEDI DI SERVIZIO COSA FARE

LA SEDE DI SERVIZIO LONTANA TROPPI KM DA CASA!

Questi giorni, presso il mio studio, ho ricevuto moltissimi militari in procinto di transitare nei ruoli civili. Grande è stato lo sconforto nel rilevare che, nonostante il lavoro svolto in moltissimi anni e le difficoltà derivanti dalla presenza di una patologia, l’esistenza di una famiglia di cui prendersi cura e le non esorbitanti possibilità economiche, l’Amministrazione abbia deciso di destinare queste persone in una sede di servizio così lontana rispetto alla propria casa familiare. Spesso, durante le innumerevoli cause che sostengo per aiutare militari che devono assistere un parente o che vogliono avvicinarsi ad un figlio di età inferiore ai tre anni, devo combattere con la circostanza, messa in evidenza dalla controparte, che il militare al momento della sottoscrizione del contratto, era ben consapevole che la sua vita lavorativa si sarebbe potuta svolgere in diverse città. Appare evidente che questa eccezione processuale, non possa essere sollevata nel caso dei militari transitati nei ruoli civili. Sin dall’insorgere della patologia che ha provocato il transito, e probabilmente dal momento in cui, ottenuto l’inidoneità, veniva fatta richiesta di transito, i militari facevano affidamento su una norma che stabiliva che il transito sarebbe avvenuto in una città della regione dell’ultima sede di servizio. Per quanto concerne l’impugnazione della sede, presso i Tribunali amministrativi, ai militari in procinto di transito che sto assistendo in questi giorni, dico che purtroppo questi sono accadimenti troppo recenti per far affidamento su pronunce che possano darci ragione o torto. Importante, in questo momento è studiare gli aspetti garantisti della norma giuridica, approfondire ciascuna situazione personale e argomentare sul concetto di organizzazione amministrativa. Sono moltissime le cause che ho già instaurato e le prime non mi hanno portato esiti negativi. Il Giudice Amministrativo mi ha accolto la richiesta di sospendere l’obbligo della sottoscrizione del contratto e in questi giorni discuterò sul resto lottando affinchè la circolare ministeriale del 25 luglio venga eliminata o modificata nella maniera più consona nel rispetto dei diritti di chi, per tanti anni ha lavorato con onore e dedizione anche, in taluni casi, dovendo affrontare cause di servizio.
Avv. Laura Lieggi
Per piccoli pareri mandate un messaggio vocale al numero 3494442639 solo dopo aver condiviso l’articolo in quanto potrebbe essere utile a qualcuno.
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TRANSITO NEI RUOLI CIVILI
LE NUOVE SEDI DI SERVIZIO COSA FARE

LA SEDE DI SERVIZIO LONTANA TROPPI KM DA CASA!

Questi giorni, presso il mio studio, ho ricevuto moltissimi militari in procinto di transitare nei ruoli civili. Grande è stato lo sconforto nel rilevare che, nonostante il lavoro svolto in moltissimi anni e le difficoltà derivanti dalla presenza di una patologia, l’esistenza di una famiglia di cui prendersi cura e le non esorbitanti possibilità economiche, l’Amministrazione abbia deciso di destinare queste persone in una sede di servizio così lontana rispetto alla propria casa familiare. Spesso, durante le innumerevoli cause che sostengo per aiutare militari che devono assistere un parente o che vogliono avvicinarsi ad un figlio di età inferiore ai tre anni, devo combattere con la circostanza, messa in evidenza dalla controparte, che il militare al momento della sottoscrizione del contratto, era ben consapevole che la sua vita lavorativa si sarebbe potuta svolgere in diverse città. Appare evidente che questa eccezione processuale, non possa essere sollevata nel caso dei militari transitati nei ruoli civili. Sin dall’insorgere della patologia che ha provocato il transito, e probabilmente dal momento in cui, ottenuto l’inidoneità, veniva fatta richiesta di transito, i militari facevano affidamento su una norma che stabiliva che il transito sarebbe avvenuto in una città della regione dell’ultima sede di servizio. Per quanto concerne l’impugnazione della sede, presso i Tribunali amministrativi, ai militari in procinto di transito che sto assistendo in questi giorni, dico che purtroppo questi sono accadimenti troppo recenti per far affidamento su pronunce che possano darci ragione o torto. Importante, in questo momento è studiare gli aspetti garantisti della norma giuridica, approfondire ciascuna situazione personale e argomentare sul concetto di organizzazione amministrativa. Sono moltissime le cause che ho già instaurato e le prime non mi hanno portato esiti negativi. Il Giudice Amministrativo mi ha accolto la richiesta di sospendere l’obbligo della sottoscrizione del contratto e in questi giorni discuterò sul resto lottando affinchè la circolare ministeriale del 25 luglio venga eliminata o modificata nella maniera più consona nel rispetto dei diritti di chi, per tanti anni ha lavorato con onore e dedizione anche, in taluni casi, dovendo affrontare cause di servizio.
Avv. Laura Lieggi
Per piccoli pareri mandate un messaggio vocale al numero 3494442639 solo dopo aver condiviso l’articolo in quanto potrebbe essere utile a qualcuno.

24 Marzo, 2024

🧑‍⚖️ Con la sentenza n. 44/2024, la Corte Costituzionale afferma che non è incostituzionale l'applicazione del contratto a tutele crescenti ai lavoratori già impiegati nelle piccole imprese, prevista dal Jobs Act.

❗️Viene così dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che consente l’attrazione nell’ambito applicativo del regime delle tutele crescenti anche di lavoratori di piccole imprese, già in servizio alla data del 7 marzo 2015, in concomitanza e in conseguenza di assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato, successive all’entrata in vigore dello stesso decreto, che abbiano comportato il superamento dei limiti dimensionali previsti dall'art. 18, commi ottavo e nono, statuto dei lavoratori.

📄 La sentenza completa 👉 bit.ly/sentenza-corte-costituzionale-44-2024

🌐 La giurisprudenza delle Alte Corti sul sito di AGI 👇
bit.ly/sito-agi-sentenze-alte-corti
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19 Marzo, 2024

Bari, incontro sul tema "Il suicidio nelle divise": la testimonianza della mamma di Umberto Paolillo ... See MoreSee Less

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28 Febbraio, 2024

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26 Febbraio, 2024

SECONDO CONVEGNO IN ONORE DI UMBERTO
VENERDI' 15 MARZO ORE 18:00
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SECONDO CONVEGNO IN ONORE DI UMBERTO
VENERDI 15 MARZO ORE 18:00

22 Febbraio, 2024

fb.watch/qmViJAAaMX/

SANGUE SULLA DIVISA. INTERVISTA AGLI AVVOCATI LAURA LIEGGI E ANTONIO MARIA LA SCALA
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18 Febbraio, 2024

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18 Febbraio, 2024

Grazie mamma Rosanna per la tua tenacia ... See MoreSee Less

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Sei una piccola grande MAMMA ❤️

18 Febbraio, 2024

Mamma Rosanna ricorda Umberto e riceve un premio dall'avvocato La Scala presidente di Gens Nova a 20 anni dalla nascita.. ... See MoreSee Less

18 Febbraio, 2024

Grazie mamma Rosanna per la tua tenacia ... See MoreSee Less

Grazie mamma Rosanna per la tua tenacia

04 Gennaio, 2024

Agente della polizia penitenziaria suicida a Turi, il gip ordina nuove indagini. Il giudice ha chiesto ulteriori approfondimenti sulla morte di Umberto Paolillo allo scopo di verificare se ci sono stati comportamenti vessatori nell'ambiente di lavoro
bari.corriere.it/notizie/cronaca/24_gennaio_03/agente-della-polizia-penitenziaria-suicida-a-turi-...
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Agente della polizia penitenziaria suicida a Turi, il gip ordina nuove indagini. Il giudice ha chiesto ulteriori approfondimenti sulla morte di Umberto Paolillo allo scopo di verificare se ci sono stati comportamenti vessatori nellambiente di lavoro
https://bari.corriere.it/notizie/cronaca/24_gennaio_03/agente-della-polizia-penitenziaria-suicida-a-turi-il-gip-ordina-nuove-indagini-64b8c95a-1fb7-4cdd-bcce-cef34e17dxlk.shtml

04 Gennaio, 2024

SUICIDIO AGENTE PENITENZIARIO
Il gip, ascoltata la testimonianza di un detenuto e prendendo in carico la lettera lasciata da Umberto, ha disposto altri 90 giorni di indagine.
www.quintopotere.it/suicidio-agente-penitenziario-il-gip-riapre-il-caso-paolillo-rigettata-larchi...
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SUICIDIO AGENTE PENITENZIARIO
Il gip, ascoltata la testimonianza di un detenuto e prendendo in carico la lettera lasciata da Umberto, ha disposto altri 90 giorni di indagine. 
https://www.quintopotere.it/suicidio-agente-penitenziario-il-gip-riapre-il-caso-paolillo-rigettata-larchiviazione-altri-3-mesi-dindagine/

04 Gennaio, 2024

SUICIDIO PAOLILLO POSSIBILE SVOLTA NELLE INDAGINI
www.facebook.com/711023315907288/posts/2186037991739139/?d=w
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SUICIDIO PAOLILLO POSSIBILE SVOLTA NELLE INDAGINI
https://www.facebook.com/711023315907288/posts/2186037991739139/?d=w

04 Gennaio, 2024

"POLIZIOTTO SUICIDA PERCHE' VESSATO DAI COLLEGHI NEL CARCERE DI TURI" Ex detenuto fa ripartire l'inchiesta sulla morte di Umberto Paolillo.
bari.repubblica.it/cronaca/2024/01/03/news/poliziotto_suicida_vessato_colleghi_carcere_turi_umber...
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POLIZIOTTO SUICIDA PERCHE VESSATO DAI COLLEGHI NEL CARCERE DI TURI Ex detenuto fa ripartire linchiesta sulla morte di Umberto Paolillo.
https://bari.repubblica.it/cronaca/2024/01/03/news/poliziotto_suicida_vessato_colleghi_carcere_turi_umberto_paolillo_inchiesta_istigazione_suicidio-421806083/

20 Novembre, 2023

CONSULENZA IN DIRITTO MILITARE
per maggiori informazioni contatta lo Studio Legale Lieggi o manda un msg. al numero 3494442639
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CONSULENZA IN DIRITTO MILITARE
per maggiori informazioni contatta lo Studio Legale Lieggi o manda un msg. al numero 3494442639

24 Ottobre, 2023

Ex infermiere del Carcere di Turi, la sua verità sui maltrattamenti e gli abusi
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26 Settembre, 2023

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18 Settembre, 2023

Un nuovo, grande dolore per mamma Rosanna
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26 Luglio, 2023

Parla Monica Giorgi, Presidente del Nuovo Sindacato Carabinieri ... See MoreSee Less

26 Luglio, 2023

(3^ parte di 3) Avv. Laura Lieggi ... See MoreSee Less

26 Luglio, 2023

(2^ parte di 3) Avv. Laura Lieggi ... See MoreSee Less

26 Luglio, 2023

L'avvocato Laura Lieggi riassume il percorso lavorativo di Umberto (1^ parte di 3) ... See MoreSee Less

22 Giugno, 2023

La proposta di Legge "Istigazione al suicidio". Avvocato Antonio Maria La Scala. ... See MoreSee Less

22 Giugno, 2023

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22 Giugno, 2023

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22 Giugno, 2023

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12 Giugno, 2023

IMPUGNAZIONE DELL'ILLEGITTIMA IDONEITA ASSOLUTA DINANZI AL TAR

Una volta impugnata l'inidoneità innanzi al TAR, si procede con la nomina di una Commissione di verificazione, composta da specialisti. Essi, dopo aver esaminato la documentazione medica in atti ed acquisito il punto di vista dei consulenti tecnici di parte, procedono ad effettuare l'anemnesi e l'esame del paziente sull'esito dei quali decidono di incaricare il competente servizio di medicina specialistica del Dipartimento Militare per effettuare un videat interno utile ad attualizzare la specifica condizione medica.
Tenuto conto di tutti gli specifici accertamenti effettuati, la Commissione di verificazione formula un giudizio diagnostico. Se la conclusione a cui interviene è che il paziente non risulta allo stato attuale portatore di affezione che, alla luce delle direttive tecniche da applicarsi per l'accertamento dell'idoneità al servizio, comporti causa di inidoneità al servizio, in specifica relazione al personale già in servizio permanentemente e per il quale la valutazione idoneativa deve essere personalizzata in relazione all'età, al grado e allo specifico inquadramento relativo, il ricorrente è da considerare idoneo al servizio.
Le risultanze della verificazione per come sopra conclusasi (non contestate dall'Amministrazione) asseverano il convincimento del Collegio in ordine alla fondatezza del proposto ricorso, il quale deve, conseguentemente, essere accolto, con rinveniente annullamento degli impugnati. (TAR 5284/2023)

Per saperne di più:
- manda un messaggio vocale all'avvocato Laura Lieggi
al 349 444 2639
- scrivi una mail a legale@studioavvocatolieqqi.com.

Avv. Laura Lieggi
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05 Giugno, 2023

DIRITTO AL COMPENSO DELLE FERIE MATURATE E NON FRUITE

Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ritenuto che il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, discenda direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’art. 36 della Costituzione, quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a quest’ultimo comunque imputabile (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2018, n. 1580; Sez. III, 17 maggio 2018, n. 2956, con riguardo ai casi di cessazione dal servizio non dipendente da causa di servizio; Cons. Stato, Sez. III, 21 marzo 2016, n. 1138, relativamente alla mancata fruizione del congedo per l’aspettativa per infermità; e, da ultimo, Cons. Stato, Sez. II, 30 marzo 2022, n. 2349).

Da quanto esposto, è dato inferire che il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non trova applicazione nei casi in cui il mancato godimento dipenda da cause non imputabili al lavoratore; dovendosi, invece, ritenere operante il divieto, tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (Cons. Stato. Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6047).

(TAR 07320/2023)

Per saperne di più:
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al 349 444 2639
- scrivi una mail a legale@studioavvocatolieqqi.com.
Avv.Laura Lieggi
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05 Giugno, 2023

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05 Giugno, 2023

Foto dal post di Diritto è vita ... See MoreSee Less

05 Giugno, 2023

Nella fredda notte d'inverno, tra il 17 e il 18 Febbraio 2021, intorno alle 02:00 vengo svegliata da un suono insistente e continuativo del campanello del mio appartamento e dai rumori delle scarpe dei carabinieri che salivano velocemente le scale del mio portone.

Impaurita e incosciente di quello che stava accadendo, mi sono ritrovata all'improvviso la casa invasa da tanti carabinieri che circolavano nel mio appartamento, turbando la quiete della mia famiglia.

Agitata e incosciente mi siedo sulla poltrona e cerco di capire cosa stesse succedendo.

Ma perché i carabinieri sono arrivati a casa mia? Terrorizzata chiedo spiegazioni ad uno di loro, che dopo tanta insistenza mi dà una notizia inaspettata e inaccettabile a bruciapelo che schiaccia il mio corpo come se mi fosse piombato addosso un grosso macigno: " suo figlio si è sparato!" Immediatamente mi sono trovata in un'altra dimensione che mi non mi faceva avvertire il contatto di tutto quello che mi stava circondando a tal punto che il mio corpo si era staccato da tutto quello che mi stava intorno.

Il frastuono che inondava la mia testa, è stato avvolto da una nuvola piena di fulmini, lampi e tuoni che da quel giorno non mi hanno più abbandonata.

Ad oggi ho cancellato parte di quel momento e non ricordo i diversi passaggi, perché ogni volta che ci ripenso il mio corpo viene trafitto da un pugnale. Ricordo solo quello a cui non potevo credere, che quella tragedia fosse capitata alla mia famiglia e proprio a mio figlio, un ragazzo dolce, umile con dei doni e delle caratteristiche di pochi. Mi sembrava di vivere in un film perché queste cose è vero che accadono, ma per me erano solo scene che si potevano girare nei film.

Non abbiamo fatto in tempo a riprenderci dal dolore dell'altro nostro figlio, venuto a mancare 10 anni prima, a causa di una grave malattia che gli ha spezzato le ali, togliendogli la possibilità di inseguire i propri sogni.

Oggi nonostante siano passati due anni mi chiedo ancora il PERCHE'....
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Nella fredda notte dinverno, tra il 17 e il 18 Febbraio 2021, intorno alle 02:00 vengo svegliata da un suono insistente e continuativo del campanello del mio appartamento e dai rumori delle scarpe dei carabinieri che salivano velocemente le scale del mio portone.

Impaurita e incosciente di quello che stava accadendo, mi sono ritrovata allimprovviso la casa invasa da tanti carabinieri che circolavano nel mio appartamento, turbando la quiete della mia famiglia.

Agitata e incosciente mi siedo sulla poltrona e cerco di capire cosa stesse succedendo.

Ma perché i carabinieri sono arrivati a casa mia? Terrorizzata chiedo spiegazioni ad uno di loro, che dopo tanta insistenza mi dà una notizia inaspettata e inaccettabile a bruciapelo che schiaccia il mio corpo come se mi fosse piombato addosso un grosso macigno:  suo figlio si è sparato! Immediatamente mi sono trovata in unaltra dimensione che mi non mi faceva avvertire il contatto di tutto quello che mi stava circondando a tal punto che il mio corpo si era staccato da tutto quello che mi stava intorno.

Il frastuono che inondava la mia testa, è stato avvolto da una nuvola piena di fulmini, lampi e tuoni che da quel giorno non mi hanno più abbandonata.

Ad oggi ho cancellato parte di quel momento e non ricordo i diversi passaggi, perché ogni volta che ci ripenso il mio corpo viene trafitto da un pugnale. Ricordo solo quello a cui non potevo credere, che quella tragedia fosse capitata alla mia famiglia e proprio a mio figlio, un ragazzo dolce, umile con dei doni e delle caratteristiche di pochi. Mi sembrava di vivere in un film perché queste cose è vero che accadono, ma per me erano solo scene che si potevano girare nei film.

Non abbiamo fatto in tempo a riprenderci dal dolore dellaltro nostro figlio, venuto a mancare 10 anni prima, a causa di una grave malattia che gli ha spezzato le ali, togliendogli la possibilità di inseguire i propri sogni.

Oggi nonostante siano passati due anni mi chiedo ancora il PERCHE....

25 Maggio, 2023

Uniti per discutere di argomenti che riguardano tutti, perché le vessazioni sul posto di lavoro sono la piaga dei nostri giorni che portano a gesti estremi. ... See MoreSee Less

25 Maggio, 2023

IL PERCHE' DI UNA SCELTA

Il perché di una scelta è mollo semplice intuirlo: Motivi di LAVORO. È stata una decisione anche un po’ forzata. Poiché la società non ti dà la possibilità di una SCELTA.
PENSO che, né io, né i miei futuri colleghi, siamo in grado di svolgere in modo perfetto questo lavoro, anche perché ci vorrebbe gente veramente specializzata e soprattutto preparata, non gente che svolge un certo tipo dl lavoro, perché il giorno 27 deve riscuotere lo stipendio.
Secondo me, per una preparazione molto accurata, ci vorrebbe un corso, di almeno DUE ANNI per avere degli agenti specializzati in diversi settori.
L’OPINIONE PUBBLICA, nei confronti dell'agente di custodia ha molti pregiudizi perché pensa che chi lavora in questo campo sia una persona che abbia il compito di chiudere e aprire le celle negli orari stabiliti e non quello di rieducare (VISTO CHE Cl SONO DEI CIVILI, ALL’INTERNO DEL PENITENZIARIO CHE SVOLGONO QUESTO TIPO DI LAVORO).
La rieducazione e il reinserimento del detenuto, nella società non dipende soltanto dall’agente di custodia e dai vari educatori, ma soprattutto dalla volontà del recluso.
Il metodo che si applica negli istituti penitenziari, non è molto efficiente, per mancanza di personale specializzato, anche perché non esistono strutture idonee alla rieducazione e alla socializzazione.
Per riuscire a svolgere questo tipo di LAVORO in modo CORRETTO, dovrebbe scomparire la CORRUZIONE, che purtroppo, esiste da molto tempo all’interno degli istituti penitenziari, rendendo il lavoro dell'agente di custodia, molto problematico e difficile.
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22 Maggio, 2023

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11 Maggio, 2023

DALL'UMILIAZIONE ALLA MEDAGLIA
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11 Maggio, 2023

youtu.be/CKyqOrRTQWA ... See MoreSee Less

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11 Maggio, 2023

Nel ricordare Umberto e non dimenticare il suo turbamento a causa delle vessazioni subite, riportiamo la lettera scritta di suo pugno prima di togliersi la vita. ... See MoreSee Less

Nel ricordare Umberto e non dimenticare il suo turbamento a causa delle vessazioni subite, riportiamo la lettera scritta di suo pugno prima di togliersi la vita.Image attachment

06 Aprile, 2023

L'ASSOCIAZIONE ASCOLTA IL VOSTRO GRIDO D'AIUTO ... See MoreSee Less

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07 Marzo, 2023

Sempre nel cuore di mamma Rosanna ... See MoreSee Less

Sempre nel cuore di mamma Rosanna

29 Gennaio, 2023

IL VOLTO DEL MOBBING E L'INADEGUATEZZA DELLA LEGGE
DIFENDIAMO CHI CI DIFENDE
CONVEGNO INTERFORZE 14 febbraio 2023

CI INCONTREREMO A BARI PER DISCUTERE DI UN TEMA MOLTO DELICATO E SEMPRE PIU' SENTITO DAL PERSONALE
Lo Studio Legale Lieggi e l'associazione Diritto è vita in ricordo dell'Agente di Polizia Penitenziaria Umberto Paolillo organizzano l'evento.

IL SIAMO Esercito con il Presidente Nazionale - Dott. Stefano FILIPPI, contribuirà in questo importante evento Interforze per aprire una riflessione sulle criticità della Legge e sulle problematiche riscontrate in relazione alla disciplina nelle Forze Armate e nelle Forze dell'Ordine

#SIAMOEsercito
#Latuasceltalanostraforza
#siamosemprealtuofianco

Nuovo Sindacato Carabinieri
Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
Silp Cgil
Associazione POLIS
FNS CISL
Si.Na.Fi - Sindacato Nazionale Finanzieri
Sara Lucaroni
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29 Gennaio, 2023

IL VOLTO DEL MOBBING E L'INADEGUATEZZA DELLA LEGGE
DIFENDIAMO CHI CI DIFENDE
CONVEGNO INTERFORZE 14 febbraio 2023

CI INCONTREREMO A BARI PER DISCUTERE DI UN TEMA MOLTO DELICATO E SEMPRE PIU' SENTITO DAL PERSONALE
Lo Studio Legale Lieggi e l'associazione Diritto è vita in ricordo dell'Agente di Polizia Penitenziaria Umberto Paolillo organizzano l'evento.

IL SIAMO Esercito con il Presidente Nazionale - Dott. Stefano FILIPPI, contribuirà in questo importante evento Interforze per aprire una riflessione sulle criticità della Legge e sulle problematiche riscontrate in relazione alla disciplina nelle Forze Armate e nelle Forze dell'Ordine

#SIAMOEsercito
#Latuasceltalanostraforza
#siamosemprealtuofianco

Nuovo Sindacato Carabinieri
Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
Silp Cgil
Associazione POLIS
FNS CISL
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29 Gennaio, 2023

Foto dal post di Si.Na.Fi - Sindacato Nazionale Finanzieri ... See MoreSee Less

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28 Gennaio, 2023

IL VOLTO DEL MOBBING E L'INADEGUATEZZA DELLA LEGGE
DIFENDIAMO CHI CI DIFENDE
CONVEGNO INTERFORZE 14 febbraio 2023

CI INCONTREREMO A BARI PER DISCUTERE DI UN TEMA MOLTO DELICATO E SEMPRE PIU' SENTITO DAL PERSONALE
Lo Studio Legale Lieggi e l'associazione Diritto è vita in ricordo dell'Agente di Polizia Penitenziaria Umberto Paolillo organizzano l'evento.

IL SIAMO Esercito con il Presidente Nazionale - Dott. Stefano FILIPPI, contribuirà in questo importante evento Interforze per aprire una riflessione sulle criticità della Legge e sulle problematiche riscontrate in relazione alla disciplina nelle Forze Armate e nelle Forze dell'Ordine

#SIAMOEsercito
#Latuasceltalanostraforza
#siamosemprealtuofianco

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Silp Cgil
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27 Gennaio, 2023

Convegno in onore di Umberto Paolillo ... See MoreSee Less

Convegno in onore di Umberto Paolillo

25 Gennaio, 2023

Foto dal post di Si.Na.Fi - Sindacato Nazionale Finanzieri ... See MoreSee Less

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28 Novembre, 2022

MOBBING MILITARE
L’ambiente militare è tipico perché i rapporti sia con i superiori sia con i colleghi di pari grado sono caratterizzati dalla presenza di una severa disciplina, di una condizione di necessario rigore che fa parte del modello organizzativo delle Forze Armate.
Ne deriva che anche le normali dinamiche lavorative, rientrando in un sistema più autoritario, sono differenti rispetto a quelle riscontrabili negli altri ambiti.
In un ambiente chiuso come quello delle caserme, dove si rimarcano sempre più i doveri di fedeltà, di onore, di disciplina, di coraggio etc., è possibile che si configuri una lesione della dignità del militare, la cui dimostrazione è complessa, in virtù proprio della gerarchia, della subordinazione e del quasi cieco adempimento degli ordini che possono dar vita a comportamenti borderline in grado di superare facilmente il limite “fisiologico” della disciplina militare.

La difficoltà primaria consiste nel discernere le condotte arbitrarie e censurabili da quelle ordinarie e conformi alle regole previste per tutti gli arruolati, di comprendere il labile confine tra la disciplina e l’abuso di potere, ossia, con specifico riferimento al mobbing, di distinguere le basi oggettive delle vessazioni e del disegno persecutorio del mobber da quello che è fuorviante perché è presunto tale dalla mera rappresentazione soggettiva del militare vittima.
Su quest’ultima argomentazione, infatti, si è spesso negata la presenza di comportamenti mobbizzanti nelle Forze Armate, favorita per di più dal muro invalicabile di omertà tipico.
Nondimeno il fenomeno si verifica realmente e non può essere più ignorato, sebbene non sia facile riscontrarne l'esistenza, così come sia complesso arrivare alla sua dimostrazione.
In un ambiente permeato dal rigore, proprio della disciplina militare, intesa quale insieme di norme che regolano i rapporti tra militari e lo stesso status militare, stralciare

attacchi preordinati contro il militare, ripetuti, collegati tra loro e non casuali, è compito assai arduo ma non impossibile.
Invero, la giurisprudenza ha più volte mostrato un atteggiamento piuttosto cauto per non confondere il mobbing sia da tutte quelle attività ostili e rientranti nelle normali relazioni di gruppo sia dagli atti che non posso palesemente definirsi contrari alle finalità di legge, così ha precisato il Tar Lazio nella sentenza n.10977 del 14.11.2018: “anche atti di per sé leciti, possono essere considerati come tali qualora posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente nel perseguimento un disegno vessatorio e l'inoppugnabilità dell'atto non equivale a legittimità dello stesso; è anche vero, tuttavia, che tali atti devono rivelare un intento persecutorio, sicuramente non ravvisabile qualora gli stessi siano legittimi, in quanto posti in essere nel perseguimento dell'interesse pubblico e non di diversi fini. Così la fattispecie del mobbing non è configurabile quando negli stessi provvedimenti non siano presenti palesi aspetti eccesso di potere, nella forma dello sviamento di potere, per essere stati adottati per finalità persecutoria anziché per quella prevista dalla legge. Non è sufficiente, quindi, anche se è necessario, che gli atti siano illegittimi, ma è anche indispensabile che l'insieme o la combinazione di essi denotino l'intento persecutorio perseguito da parte di chi ha adottato gli atti nei confronti del dipendente”.

Ma c’è anche giurisprudenza, il Tar Molise nella sentenza n. 23 del 19.11.2016, che ha messo in evidenza gli elementi da comprovare per dimostrare le condotte da parte dell'Amministrazione volte a screditare il militare, unite dall'intento vessatorio e da un antecedente progetto idoneo ad annientarlo: le azioni disciplinari reiterate e poi richiamate in autotutela, il mancato tempestivo pagamento di rimborsi per missioni, i trasferimenti per dubbie incompatibilità ambientali con superiori, i dinieghi di qualunque tipo frapposti a qualunque lecita richiesta del militare diretta al proprio superiore, la negazione senza motivi di accesso agli atti e costrizione del dipendente a rivolgersi alla Commissione per l'Accesso la quale a sua volta stabiliva l'obbligo di ostensione, i diversi provvedimenti sanzionatori adottati dall'Amministrazione nei confronti del militare poi annullati in sede giurisdizionale, i rapporti valutativi contenenti giudizi non favorevoli al militare annullati anch’essi in via giurisdizionale dallo stesso Tar Molise, che aveva rilavato come il conteso fosse “obiettivamente connotato da accesa conflittualità che superava la fisiologica dialettica tra differenti gradi gerarchici e le eventuali diversità caratteriali delle persone, costituendo, semmai, espressione di una logica di contrapposizione in cui emergeva un atteggiamento, da parte degli ufficiali valutatori, pregiudizialmente negativo nei confronti del ricorrente e che verosimilmente era presente anche al momento in cui sono stati elaborati gli impugnati giudizi valutativi”.

Tuttavia, non basta fornire la prova delle azioni nefaste dell'Amministrazione nei riguardi del militare, ma occorre anche la dimostrazione più complessa del nesso causale tra i fatti accertati in corso di causa e il danno che ne è scaturito a carico della persona che lo rivendica, ai sensi dell’art. 2697 cc.
Dunque, a prescindere dalla maggiore o minore forza d'animo e di carattere del soggetto, senza che si generi uno stato di ansia in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa dovuto alla presenza di una situazione ostile, nonché senza una sorta di consapevolezza in ordine alla disistima da parte del proprio ambiente lavorativo che ne mina l'autostima ed è fonte di grave sofferenza, specialmente in tale contesto, non si può parlare di mobbing e non può esserci il relativo danno, condizione imprescindibile per adire l’autorità giudiziaria.
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MOBBING MILITARE
L’ambiente militare è tipico perché i rapporti sia con i superiori sia con i colleghi di pari grado sono caratterizzati dalla presenza di una severa disciplina, di una condizione di necessario rigore che fa parte del modello organizzativo delle Forze Armate.
Ne deriva che anche le normali dinamiche lavorative, rientrando in un sistema più autoritario, sono differenti rispetto a quelle riscontrabili negli altri ambiti.
In un ambiente chiuso come quello delle caserme, dove si rimarcano sempre più i doveri di fedeltà, di onore, di disciplina, di coraggio etc., è possibile che si configuri una lesione della dignità del militare, la cui dimostrazione è complessa, in virtù proprio della gerarchia, della subordinazione e del quasi cieco adempimento degli ordini che possono dar vita a comportamenti borderline in grado di superare facilmente il limite “fisiologico” della disciplina militare.

La difficoltà primaria consiste nel discernere le condotte arbitrarie e censurabili da quelle ordinarie e conformi alle regole previste per tutti gli arruolati, di comprendere il labile confine tra la disciplina e l’abuso di potere, ossia, con specifico riferimento al mobbing, di distinguere le basi oggettive delle vessazioni e del disegno persecutorio del mobber da quello che è fuorviante perché è presunto tale dalla mera rappresentazione soggettiva del militare vittima.
Su quest’ultima argomentazione, infatti, si è spesso negata la presenza di comportamenti mobbizzanti nelle Forze Armate, favorita per di più dal muro invalicabile di omertà tipico.
Nondimeno il fenomeno si verifica realmente e non può essere più ignorato, sebbene non sia facile riscontrarne lesistenza, così come sia complesso arrivare alla sua dimostrazione.
In un ambiente permeato dal rigore, proprio della disciplina militare, intesa quale insieme di norme che regolano i rapporti tra militari e lo stesso status militare, stralciare

attacchi preordinati contro il militare, ripetuti, collegati tra loro e non casuali, è compito assai arduo ma non impossibile.
Invero, la giurisprudenza ha più volte mostrato un atteggiamento piuttosto cauto per non confondere il mobbing sia da tutte quelle attività ostili e rientranti nelle normali relazioni di gruppo sia dagli atti che non posso palesemente definirsi contrari alle finalità di legge, così ha precisato il Tar Lazio nella sentenza n.10977 del 14.11.2018: “anche atti di per sé leciti, possono essere considerati come tali qualora posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente nel perseguimento un disegno vessatorio e linoppugnabilità dellatto non equivale a legittimità dello stesso; è anche vero, tuttavia, che tali atti devono rivelare un intento persecutorio, sicuramente non ravvisabile qualora gli stessi siano legittimi, in quanto posti in essere nel perseguimento dellinteresse pubblico e non di diversi fini. Così la fattispecie del mobbing non è configurabile quando negli stessi provvedimenti non siano presenti palesi aspetti eccesso di potere, nella forma dello sviamento di potere, per essere stati adottati per finalità persecutoria anziché per quella prevista dalla legge. Non è sufficiente, quindi, anche se è necessario, che gli atti siano illegittimi, ma è anche indispensabile che linsieme o la combinazione di essi denotino lintento persecutorio perseguito da parte di chi ha adottato gli atti nei confronti del dipendente”.

Ma c’è anche giurisprudenza, il Tar Molise nella sentenza n. 23 del 19.11.2016, che ha messo in evidenza gli elementi da comprovare per dimostrare le condotte da parte dellAmministrazione volte a screditare il militare, unite dallintento vessatorio e da un antecedente progetto idoneo ad annientarlo: le azioni disciplinari reiterate e poi richiamate in autotutela, il mancato tempestivo pagamento di rimborsi per missioni, i trasferimenti per dubbie incompatibilità ambientali con superiori, i dinieghi di qualunque tipo frapposti a qualunque lecita richiesta del militare diretta al proprio superiore, la negazione senza motivi di accesso agli atti e costrizione del dipendente a rivolgersi alla Commissione per lAccesso la quale a sua volta stabiliva lobbligo di ostensione, i diversi provvedimenti sanzionatori adottati dallAmministrazione nei confronti del militare poi annullati in sede giurisdizionale, i rapporti valutativi contenenti giudizi non favorevoli al militare annullati anch’essi in via giurisdizionale dallo stesso Tar Molise, che aveva rilavato come il conteso fosse “obiettivamente connotato da accesa conflittualità che superava la fisiologica dialettica tra differenti gradi gerarchici e le eventuali diversità caratteriali delle persone, costituendo, semmai, espressione di una logica di contrapposizione in cui emergeva un atteggiamento, da parte degli ufficiali valutatori, pregiudizialmente negativo nei confronti del ricorrente e che verosimilmente era presente anche al momento in cui sono stati elaborati gli impugnati giudizi valutativi”.

Tuttavia, non basta fornire la prova delle azioni nefaste dellAmministrazione nei riguardi del militare, ma occorre anche la dimostrazione più complessa del nesso causale tra i fatti accertati in corso di causa e il danno che ne è scaturito a carico della persona che lo rivendica, ai sensi dell’art. 2697 cc.
Dunque, a prescindere dalla maggiore o minore forza danimo e di carattere del soggetto, senza che si generi uno stato di ansia in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa dovuto alla presenza di una situazione ostile, nonché senza una sorta di consapevolezza in ordine alla disistima da parte del proprio ambiente lavorativo che ne mina lautostima ed è fonte di grave sofferenza, specialmente in tale contesto, non si può parlare di mobbing e non può esserci il relativo danno, condizione imprescindibile per adire l’autorità giudiziaria.

28 Novembre, 2022

l suicidio non è la soluzione...
Martedì 13 dicembre 2022 alle ore 17:00 l'avvocato Antonio Maria La Scala e l'avvocato Laura Lieggi si confronteranno sull'annoso problema dei suicidi in divisa. L'inadeguatezza normativa, la cattiva organizzazione nelle caserme, l'abuso di potere di superiori gerarchici e il silenzio assordante delle parti coinvolte (compresi colleghi di lavoro), sono il motivo dell'aumento esponenziale del triste fenomeno. Il dibattito come punto di partenza di azioni concrete di cui l'associazione diritto e vita si farà promotrice.
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l suicidio non è la soluzione... 
Martedì 13 dicembre 2022 alle ore 17:00 lavvocato Antonio Maria La Scala e lavvocato Laura Lieggi si confronteranno sullannoso problema dei suicidi in divisa. Linadeguatezza normativa, la cattiva organizzazione nelle caserme, labuso di potere di superiori gerarchici e il silenzio assordante delle parti coinvolte (compresi colleghi di lavoro), sono il motivo dellaumento esponenziale del triste fenomeno. Il dibattito come punto di partenza di azioni concrete di cui lassociazione diritto e vita si farà promotrice.

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Io ho subito Istigazione al Suicidio per non togliere il MOBBING In Caserma Legione Cc SiciliaPalermo in Servizio dal 07 11 2011 AL 25.07.2015 NUMERO 10 DIECI Procedimenti disciplinari tutti inviati Alla procura Militare di Napoli co raccomandate poi in un colloquio il Procuratore non aveva le competenze non poteva fare nulla????

Ciao Rosanna

❤️

21 Novembre, 2022

www.dirittoevita.it/attenzione-militari-alla-procedura-disciplinare-ci-sono-delle-regole-da-rispe...
Attenzione militari alla procedura disciplinare! Ci sono delle regole da rispettare…
Le conseguenze dei provvedimenti disciplinari possono essere molto importanti:
-perdita dello Status Militare, perdita del grado per rimozione, sospensioni disciplinari dell’impiego.

Occorre ricordare che il militare può essere assistito da un difensore scelto fra militari in servizio di qualunque grado a meno che si deve essere giudicati da una Commissione Disciplina, in quel caso il difensore deve essere un ufficiale e di grado non superiore a quello del presidente della commissione. Il procedimento disciplinare si conclude entro 270 giorni dalla conoscenza del fatto
addebitato e deve controllare che siano rispettate tutte le norme previste dal codice ordinamento militare. Se vi è il superamento del termine previsto o non viene rispettato il diritto di difesa si può chiedere l’annullamento del procedimento disciplinare.
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Attenzione militari alla procedura disciplinare! Ci sono delle regole da rispettare…
Le conseguenze dei provvedimenti disciplinari possono essere molto importanti:
-perdita dello Status Militare, perdita del grado per rimozione, sospensioni disciplinari dell’impiego.

Occorre ricordare che il militare può essere assistito da un difensore scelto fra militari in servizio di qualunque grado a meno che si deve essere giudicati da una Commissione Disciplina, in quel caso il difensore deve essere un ufficiale e di grado non superiore a quello del presidente della commissione. Il procedimento disciplinare si conclude entro 270 giorni dalla conoscenza del fatto
addebitato e deve controllare che siano rispettate tutte le norme previste dal codice ordinamento militare. Se vi è il superamento del termine previsto o non viene rispettato il diritto di difesa si può chiedere l’annullamento del procedimento disciplinare.

21 Novembre, 2022

www.dirittoevita.it/gli-uomini-e-le-donne-in-divisa-pochissima-parita/
Gli uomini e le donne in divisa…pochissima parità!!!!
Nel corso della mia attività legale, ho spesso sentito uomini in divisa accusare le donne per aver voluto a tutti i costi esercitare attività lavorative, che, un tempo, erano prerogativa esclusivamente maschile, come, ad esempio, le attività svolte con indosso una divisa. Le donne vengono accusate di non essere all’altezza dell’impresa lavorativa, sia perché più deboli fisicamente sia perché più coinvolte emotivamente. Le cose poi si complicano se la donna decide di portare avanti una gravidanza e di dedicarsi quindi anche alla famiglia. Si pretende che abbiano le stesse prestazioni maschili, ma, al contempo, che siano anche brave mogli e mamme esemplari. Le donne in divisa devono affrontare fatiche inimmaginabili che spesso non vengono riconosciute. L’ordinamento militare e le diverse circolari ministeriali hanno cercato spesso di introdurre disposizioni a tutela della donna, ma nessuno si è preoccupato della reale loro applicabilità. Sembrerebbe necessario lavorare sulla effettiva eliminazione della disparità tra uomo e donna, che diventa più forte quando la donna è coniugata e con figli.
Un grande problema sorge quando i trasferimenti d’autorità portano la donna lontana dalla propria famiglia, che spesso è per lei un sostegno notevole.
Allorquando una donna in divisa deve allontanarsi con il/i figli a molti chilometri di distanza dalla propria residenza, è costretta a preoccuparsi dell’assistenza e cura dei propri figli durante l’attività lavorativa. Non sempre, infatti, una donna può avere l’aiuto del partner, che, o vive in un’altra città o, per il tipo di lavoro che svolge, non può garantire la sua presenza a casa. In questi casi la donna in divisa ha bisogno di ingenti somme di denaro da corrispondere ad asili o babysitter e, nonostante tutto, non riesce a coprire la sua assenza durante l’orario notturno, se è impegnata al lavoro in quelle ore.
Alla luce di ciò, appare chiaro che la donna in divisa che diviene madre ha bisogno di un ulteriore supporto economico.
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Gli uomini e le donne in divisa…pochissima parità!!!!
Nel corso della mia attività legale, ho spesso sentito uomini in divisa accusare le donne per aver voluto a tutti i costi esercitare attività lavorative, che, un tempo, erano prerogativa esclusivamente maschile, come, ad esempio, le attività svolte con indosso una divisa. Le donne vengono accusate di non essere all’altezza dell’impresa lavorativa, sia perché più deboli fisicamente sia perché più coinvolte emotivamente. Le cose poi si complicano se la donna decide di portare avanti una gravidanza e di dedicarsi quindi anche alla famiglia. Si pretende che abbiano le stesse prestazioni maschili, ma, al contempo, che siano anche brave mogli e mamme esemplari. Le donne in divisa devono affrontare fatiche inimmaginabili che spesso non vengono riconosciute. L’ordinamento militare e le diverse circolari ministeriali hanno cercato spesso di introdurre disposizioni a tutela della donna, ma nessuno si è preoccupato della reale loro applicabilità. Sembrerebbe necessario lavorare sulla effettiva eliminazione della disparità tra uomo e donna, che diventa più forte quando la donna è coniugata e con figli.
Un grande problema sorge quando i trasferimenti d’autorità portano la donna lontana dalla propria famiglia, che spesso è per lei un sostegno notevole.
Allorquando una donna in divisa deve allontanarsi con il/i figli a molti chilometri di distanza dalla propria residenza, è costretta a preoccuparsi dell’assistenza e cura dei propri figli durante l’attività lavorativa. Non sempre, infatti, una donna può avere l’aiuto del partner, che, o vive in un’altra città o, per il tipo di lavoro che svolge, non può garantire la sua presenza a casa. In questi casi la donna in divisa ha bisogno di ingenti somme di denaro da corrispondere ad asili o babysitter e, nonostante tutto, non riesce a coprire la sua assenza durante l’orario notturno, se è impegnata al lavoro in quelle ore.
Alla luce di ciò, appare chiaro che la donna in divisa che diviene madre ha bisogno di un ulteriore supporto economico.

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Isabel Pastore

21 Novembre, 2022

www.dirittoevita.it/le-donne-in-divisa-e-lallattamento/
Le donne in divisa e l’allattamento
Quando la donna rientra al lavoro dopo la nascita di un figlio, deve affrontare le difficoltà di un lungo periodo di allattamento. In genere si crede che il periodo più difficoltoso sia quello della gestazione, sottovalutando il periodo in cui la donna lavoratrice deve allattare il proprio bambino. Invece questo è un momento molto critico e delicato, in cui la donna risulta particolarmente fragile e vulnerabile.
Per questo la legge le riduce le ore di lavoro per consentire l’allattamento e le assegnano attività lavorative poco rischiose e dannose. Quindi la donna militare, che deve affrontare una tipologia lavorativa di per sé rischiosa, deve essere adibita prevalentemente a lavori di ufficio che non richiedano troppo stress psicofisico. Spesso mi è capitato di difendere donne che erano state coinvolte in infortuni di lavoro perché, durante l’allattamento, erano state assegnate ad attività di sorveglianza, custodia, contrasto alla criminalità, lavori usuranti e pesanti.
Ricordo in particolare un caso di infortunio sul lavoro, subito da una donna che, durante l’allattamento, era stata adibita a pesanti lavori in magazzino. L’incidente ha compromesso non solo la salute della donna, ma anche la possibilità di continuare l’allattamento. Queste azioni di mancata attenzione al testo normativo devono essere perseguite duramente, perché la donna ha un onere in più rispetto all’uomo, essendo la principale fonte di cura e crescita del proprio figlio, specie nei suoi primi mesi di vita.
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https://www.dirittoevita.it/le-donne-in-divisa-e-lallattamento/
Le donne in divisa e l’allattamento
Quando la donna rientra al lavoro dopo la nascita di un figlio, deve affrontare le difficoltà di un lungo periodo di allattamento. In genere si crede che il periodo più difficoltoso sia quello della gestazione, sottovalutando il periodo in cui la donna lavoratrice deve allattare il proprio bambino. Invece questo è un momento molto critico e delicato, in cui la donna risulta particolarmente fragile e vulnerabile.
Per questo la legge le riduce le ore di lavoro per consentire l’allattamento e le assegnano attività lavorative poco rischiose e dannose. Quindi la donna militare, che deve affrontare una tipologia lavorativa di per sé rischiosa, deve essere adibita prevalentemente a lavori di ufficio che non richiedano troppo stress psicofisico. Spesso mi è capitato di difendere donne che erano state coinvolte in infortuni di lavoro perché, durante l’allattamento, erano state assegnate ad attività di sorveglianza, custodia, contrasto alla criminalità, lavori usuranti e pesanti.
Ricordo in particolare un caso di infortunio sul lavoro, subito da una donna che, durante l’allattamento, era stata adibita a pesanti lavori in magazzino. L’incidente ha compromesso non solo la salute della donna, ma anche la possibilità di continuare l’allattamento. Queste azioni di mancata attenzione al testo normativo devono essere perseguite duramente, perché la donna ha un onere in più rispetto all’uomo, essendo la principale fonte di cura e crescita del proprio figlio, specie nei suoi primi mesi di vita.

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Isabel Pastore

21 Novembre, 2022

www.dirittoevita.it/le-molestie-sessuali-in-divisa/
Le molestie sessuali in divisa
Come in qualsiasi ambito lavorativo, anche il lavoro espletato con una divisa può essere occasione di molestie di tipo sessuale. L’ordine gerarchico e la soggezione legata ai differenti gradi possono creare delle situazioni di abuso, anche di tipo sessuale. Mi è capitato di difendere in giudizio donne che hanno dovuto subire palpeggiamenti, frasi sconvenienti, attenzioni non desiderate.
La paura di essere ghettizzate o di non essere riaffermate o ancora di non essere credute, spinge le vittime a non denunziare l’abuso subito. Ma più la militare non denuncia, più chi abusa del suo potere rincara la dose e sfrutta la sottoposizione per aggravare le sue azioni moleste. Nella stragrande maggioranza dei casi sono le donne a subire, ma non è raro che anche gli uomini gerarchicamente sottoposti, siano costretti a subire attenzioni di tipo sessuale che non gradiscono.
Ultimamente ho assistito legalmente una donna, che ha avuto il coraggio di denunciare una tentata violenza da parte del suo superiore. La denuncia è arrivata alla Procura militare. E’ stato aperto un fascicolo per indagare sui gravi fatti. Durante le indagini, la vita della mia assistita in divisa non è stata affatto semplice. Si è cercato di sminuire l’accaduto o di farle credere di aver avuto una reazione esagerata. La Procura darà il suo verdetto che, si spera, dovrà essere esemplare. Nessuno deve abusare della sua superiorità gerarchica per affossare, avvilire, mortificare chi vuole solo serenamente svolgere il proprio lavoro che, se è in divisa, implica anche una maggiore responsabilità.
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Le molestie sessuali in divisa
Come in qualsiasi ambito lavorativo, anche il lavoro espletato con una divisa può essere occasione di molestie di tipo sessuale. L’ordine gerarchico e la soggezione legata ai differenti gradi possono creare delle situazioni di abuso, anche di tipo sessuale. Mi è capitato di difendere in giudizio donne che hanno dovuto subire palpeggiamenti, frasi sconvenienti, attenzioni non desiderate.
La paura di essere ghettizzate o di non essere riaffermate o ancora di non essere credute, spinge le vittime a non denunziare l’abuso subito. Ma più la militare non denuncia, più chi abusa del suo potere rincara la dose e sfrutta la sottoposizione per aggravare le sue azioni moleste. Nella stragrande maggioranza dei casi sono le donne a subire, ma non è raro che anche gli uomini gerarchicamente sottoposti, siano costretti a subire attenzioni di tipo sessuale che non gradiscono.
Ultimamente ho assistito legalmente una donna, che ha avuto il coraggio di denunciare una tentata violenza da parte del suo superiore. La denuncia è arrivata alla Procura militare. E’ stato aperto un fascicolo per indagare sui gravi fatti. Durante le indagini, la vita della mia assistita in divisa non è stata affatto semplice. Si è cercato di sminuire l’accaduto o di farle credere di aver avuto una reazione esagerata. La Procura darà il suo verdetto che, si spera, dovrà essere esemplare. Nessuno deve abusare della sua superiorità gerarchica per affossare, avvilire, mortificare chi vuole solo serenamente svolgere il proprio lavoro che, se è in divisa, implica anche una maggiore responsabilità.

21 Novembre, 2022

www.dirittoevita.it/i-militari-e-le-forze-dellordine-possono-fare-un-secondo-lavoro-attenzione-ai...

I militari e le forze dell’ordine possono fare un secondo lavoro? Attenzione ai procedimenti disciplinari!
Chi non vorrebbe arrotondare il proprio stipendio facendo qualche lavoretto in più! L’ordinamento militare però, prevede delle limitazioni in questo campo. Analizziamo il tutto: le norme operanti sono l’articolo 894 del c.o.m, l’articolo 60 e seguenti del DPR n.3/1957 e anche l’articolo 53 del D.lgs. n.165/2001. La professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione salvo casi previsti da disposizioni speciali.
L’articolo 895 c.o.m. prevede delle eccezioni alla regola su menzionata e ci dice che sono concessi: -collaborazioni a giornali, riviste, enciclopedie; partecipazioni a convegni e seminari; incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; l’utilizzazione economia da parte dell’inventore di opere dell’ingegno di invenzioni industriali; le prestazioni nell’ambito della società e associazioni sportive (articolo 90, comma 23, legge 27 dicembre 2002 n.289); la formazione diretta ai dipendenti della PA (Pubblica Amministrazione);
Tutte queste attività devono ovviamente essere svolte fuori dal servizio e non devono condizionare l’esecuzione dei doveri connessi con lo stato di militare. Appare importante sottolineare che è necessaria l’autorizzazione ministeriale preventiva se il lavoro è retribuito, fatta eccezione per gli incarichi previsti dall’articolo 895 c.o.m. e all’articolo 53 comma 7 del D.L.gs n. 165/2001. Se si svolge un’attività extraprofessionale senza l’autorizzazione, si è soggetti alle procedure menzionate dall’articolo 898 del c.o.m. e dell’articolo 53 comma 7 e 7 bis del D.lgs. n. 165/2001.
Per saperne di più e per chiedere aiuto, inviate un vocale all’avvocato Laura Lieggi al 349 444 2639 oppure scrivete una mail a legale@studioavvocatolieggi.com.

ART 894 c.o.m.

“La professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da disposizioni speciali. È altresì incompatibile l’esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro.”
Avv. Laura Lieggi
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I militari e le forze dell’ordine possono fare un secondo lavoro? Attenzione ai procedimenti disciplinari!
Chi non vorrebbe arrotondare il proprio stipendio facendo qualche lavoretto in più! L’ordinamento militare però, prevede delle limitazioni in questo campo. Analizziamo il tutto: le norme operanti sono l’articolo 894 del c.o.m, l’articolo 60 e seguenti del DPR n.3/1957 e anche l’articolo 53 del D.lgs. n.165/2001. La professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione salvo casi previsti da disposizioni speciali.
L’articolo 895 c.o.m. prevede delle eccezioni alla regola su menzionata e ci dice che sono concessi: -collaborazioni a giornali, riviste, enciclopedie; partecipazioni a convegni e seminari; incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; l’utilizzazione economia da parte dell’inventore di opere dell’ingegno di invenzioni industriali; le prestazioni nell’ambito della società e associazioni sportive (articolo 90, comma 23, legge 27 dicembre 2002 n.289); la formazione diretta ai dipendenti della PA (Pubblica Amministrazione);
Tutte queste attività devono ovviamente essere svolte fuori dal servizio e non devono condizionare l’esecuzione dei doveri connessi con lo stato di militare. Appare importante sottolineare che è necessaria l’autorizzazione ministeriale preventiva se il lavoro è retribuito, fatta eccezione per gli incarichi previsti dall’articolo 895 c.o.m. e all’articolo 53 comma 7 del D.L.gs n. 165/2001. Se si svolge un’attività extraprofessionale senza l’autorizzazione, si è soggetti alle procedure menzionate dall’articolo 898 del c.o.m. e dell’articolo 53 comma 7 e 7 bis del D.lgs. n. 165/2001.
Per saperne di più e per chiedere aiuto, inviate un vocale all’avvocato Laura Lieggi al 349 444 2639 oppure scrivete una mail a legale@studioavvocatolieggi.com.

ART 894 c.o.m.

“La professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da disposizioni speciali. È altresì incompatibile l’esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro.”
Avv. Laura Lieggi

21 Novembre, 2022

www.dirittoevita.it/lo-stress-lavoro-correlato-allinterno-degli-istituti-penitenziari/
Lo stress lavoro correlato all’interno degli istituti penitenziari
Chi sceglie la “reclusione a vita” senza aver commesso reati, non ha di fatto l’attenzione dell’opinione pubblica che, da sempre, è notoriamente attratta dalla “condizione di vita e psicologica dei detenuti”. A differenza delle altre forze di Polizia, coloro che appartengono alla Penitenziaria sembrano esseri “dimenticati da Dio”, nonostante gli enormi carichi psicologici della condizione carceraria non si abbattano solo sui detenuti, creando disagi e situazioni di difficile gestione, ma anche su coloro che in carcere indossano una divisa. L’austerità del regime carcerario garantisce che le pene comminate ai detenuti abbiano carattere afflittivo, quindi l’obiettivo è porre in uno stato di sofferenza coloro che devono scontare una pena. Ma nelle carceri non vi sono solo i detenuti!

Solo di recente, oltre che al loro isolamento e reinserimento sociale, si comincia a parlare di coloro che invisibili fino a ieri, si trovano a dover fronteggiare difficoltà che nascono sia dai rapporti con i detenuti, ma anche, come abbiamo avuto modo di vedere, con i rapporti tra i colleghi, superiori e dirigenti. Tutto ciò accompagnato da compiti polivalenti, da turni di lavoro estenuanti e da retribuzioni non adeguate.

Riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia reciproca durante lo svolgimento del compito di vigilanza e di custodia, tenendo conto dell’eterogeneità e della disadattività della popolazione, in un clima ostile e difensivo, è complicato. Se ci aggiungiamo le pressioni, le molestie psicologiche, le sanzioni da parte dei superiori gerarchici e le azioni mobbizzanti da parte dei colleghi, comprendiamo subito quanto possa essere complesso lo svolgimento dell’attività. E’ inevitabile che la quotidianità lavorativa diventi fonte di stress. Accenniamo, solo per completezza argomentativa, al concetto di stress lavorativo che svicolandosi dall’inflazionato uso comune che del termine viene fatto, diventa un argomento complesso che può invece produrre notevoli difficoltà in coloro che vivono tale condizione. È uno sforzo psicologico o il disagio conseguente all’esposizione a situazioni inusuali o particolarmente impegnative, definite stressor. In questo caso lo stress lavorativo è la risposta a stressor organizzativi presenti nell’ambiente di lavoro che comportano anche solo la percezione di una minaccia al benessere o alla sicurezza individuale. Situazioni di stress prolungato possono condurre al burnout, definito come una “sindrome psicologica in risposta ad uno stress interpersonale cronico sul posto di lavoro” che si sviluppa in seguito alla discrepanza tra le richieste di cui si fa carico un individuo e le sue capacità di coping. La sindrome da burnout è caratterizzata da un sentimento di profonda stanchezza, cinismo e da una mancanza di desiderio di autorealizzazione. Nel 1976 Marshall e Cooper, per spiegare le cause lavoro specifiche di stress all’interno di un’organizzazione, formularono un modello individuando 5 categorie:

Stressor intrinseci al lavoro: ossia le mansioni e i compiti che un lavoratore data la mansione, deve eseguire. Inoltre in questa categoria vengono descritti i fattori che rendono il carico di lavoro troppo pesante per essere gestito.
Il ruolo all’interno dell’organizzazione: si parla di ambiguità del ruolo quando i compiti e le aspettative poste sul lavoratore sono chiare. Si parla invece di conflitto di ruolo quando dei demands delle mansioni sono in contrasto tra loro
La terza categoria fa rifermento alle promozioni lavorative, sicurezza lavorativa e ambizione: tutti fattori che possono concorrere ad esempio, con lo sviluppo della carriera.
Le relazioni lavorative. Le situazioni di possibile stress derivanti dalle interazioni che intercorrono tra colleghi e superiori sono proprio racchiuse all’interno di questa categoria che si propone di descrivere come la struttura e il clima delle organizzazioni influisca sul lavoratore e come possa essere per lui fonte di stress, partendo dal grado di libertà di decisione che egli ha nello svolgimento delle sue mansioni, passando alla struttura politica ed arrivando alle modalità di comunicazione tra i lavoratori e l’organizzazione.
La natura del lavoro all’interno degli istituti penitenziari, porta spesso gli agenti a contatti frequenti con i detenuti, a cui si devono aggiungere le mansioni di controllo ed applicazione delle regole, di regolazione delle attività, ed il monitoraggio delle attività lavorative quotidiane. La compresenza di tutti questi elementi è chiara fonte di stress.
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Lo stress lavoro correlato all’interno degli istituti penitenziari
Chi sceglie la “reclusione a vita” senza aver commesso reati, non ha di fatto l’attenzione dell’opinione pubblica che, da sempre, è notoriamente attratta dalla “condizione di vita e psicologica dei detenuti”. A differenza delle altre forze di Polizia, coloro che appartengono alla Penitenziaria sembrano esseri “dimenticati da Dio”, nonostante gli enormi carichi psicologici della condizione carceraria non si abbattano solo sui detenuti, creando disagi e situazioni di difficile gestione, ma anche su coloro che in carcere indossano una divisa. L’austerità del regime carcerario garantisce che le pene comminate ai detenuti abbiano carattere afflittivo, quindi l’obiettivo è porre in uno stato di sofferenza coloro che devono scontare una pena. Ma nelle carceri non vi sono solo i detenuti!

Solo di recente, oltre che al loro isolamento e reinserimento sociale, si comincia a parlare di coloro che invisibili fino a ieri, si trovano a dover fronteggiare difficoltà che nascono sia dai rapporti con i detenuti, ma anche, come abbiamo avuto modo di vedere, con i rapporti tra i colleghi, superiori e dirigenti. Tutto ciò accompagnato da compiti polivalenti, da turni di lavoro estenuanti e da retribuzioni non adeguate.

Riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia reciproca durante lo svolgimento del compito di vigilanza e di custodia, tenendo conto dell’eterogeneità e della disadattività della popolazione, in un clima ostile e difensivo, è complicato. Se ci aggiungiamo le pressioni, le molestie psicologiche, le sanzioni da parte dei superiori gerarchici e le azioni mobbizzanti da parte dei colleghi, comprendiamo subito quanto possa essere complesso lo svolgimento dell’attività. E’ inevitabile che la quotidianità lavorativa diventi fonte di stress. Accenniamo, solo per completezza argomentativa, al concetto di stress lavorativo che svicolandosi dall’inflazionato uso comune che del termine viene fatto, diventa un argomento complesso che può invece produrre notevoli difficoltà in coloro che vivono tale condizione. È uno sforzo psicologico o il disagio conseguente all’esposizione a situazioni inusuali o particolarmente impegnative, definite stressor. In questo caso lo stress lavorativo è la risposta a stressor organizzativi presenti nell’ambiente di lavoro che comportano anche solo la percezione di una minaccia al benessere o alla sicurezza individuale. Situazioni di stress prolungato possono condurre al burnout, definito come una “sindrome psicologica in risposta ad uno stress interpersonale cronico sul posto di lavoro” che si sviluppa in seguito alla discrepanza tra le richieste di cui si fa carico un individuo e le sue capacità di coping. La sindrome da burnout è caratterizzata da un sentimento di profonda stanchezza, cinismo e da una mancanza di desiderio di autorealizzazione. Nel 1976 Marshall e Cooper, per spiegare le cause lavoro specifiche di stress all’interno di un’organizzazione, formularono un modello individuando 5 categorie:

Stressor intrinseci al lavoro: ossia le mansioni e i compiti che un lavoratore data la mansione, deve eseguire. Inoltre in questa categoria vengono descritti i fattori che rendono il carico di lavoro troppo pesante per essere gestito.
Il ruolo all’interno dell’organizzazione: si parla di ambiguità del ruolo quando i compiti e le aspettative poste sul lavoratore sono chiare. Si parla invece di conflitto di ruolo quando dei demands delle mansioni sono in contrasto tra loro
La terza categoria fa rifermento alle promozioni lavorative, sicurezza lavorativa e ambizione: tutti fattori che possono concorrere ad esempio, con lo sviluppo della carriera.
Le relazioni lavorative. Le situazioni di possibile stress derivanti dalle interazioni che intercorrono tra colleghi e superiori sono proprio racchiuse all’interno di questa categoria che si propone di descrivere come la struttura e il clima delle organizzazioni influisca sul lavoratore e come possa essere per lui fonte di stress, partendo dal grado di libertà di decisione che egli ha nello svolgimento delle sue mansioni, passando alla struttura politica ed arrivando alle modalità di comunicazione tra i lavoratori e l’organizzazione.
La natura del lavoro all’interno degli istituti penitenziari, porta spesso gli agenti a contatti frequenti con i detenuti, a cui si devono aggiungere le mansioni di controllo ed applicazione delle regole, di regolazione delle attività, ed il monitoraggio delle attività lavorative quotidiane. La compresenza di tutti questi elementi è chiara fonte di stress.

21 Novembre, 2022

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Il danno biologico
Come anticipato, il danno biologico è una tipologia di lesione sconosciuta al codice civile, ma accreditata da dottrina e giurisprudenza, consistente nel pregiudizio arrecato all’integrità soprattutto fisica (ma anche psichica) dell’individuo. La definizione fornita dalla Corte di Cassazione lo identifica come una menomazione dell’integrità psico-fisica in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul valore-uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto dell’ambiente in cui la vita si esplica, e avente rilevanza non solo economica, ma anche biologica, sociale ed estetica56”. Questa figura è stata creata nel corso degli anni grazie all’operato della giurisprudenza, affiancandosi al danno patrimoniale e al danno morale previsto dalla legge, acquisendo sempre più un settore ben determinato: lede, infatti, l’efficienza somatopsichica del soggetto. Solo la Corte Costituzionale, nella sentenza 184/86, ha delineato i confini del danno biologico rispetto agli altri: “Il danno biologico costituisce l’evento del fatto lesivo della salute mentre il danno morale subiettivo (ed il danno patrimoniale) appartengono alla categoria del danno-conseguenza in senso stretto. La menomazione dell’integrità psico-fisica dell’offeso, che trasforma in patologica la stessa fisiologica integrità (e che non è per nulla equiparabile al momentaneo, tendenzialmente transeunte, turbamento psicologico del danno morale subiettivo) costituisce l’evento (da provare in ogni caso) interno al fatto illecito, legato da un lato alla componente interna del fatto, il comportamento, da un nesso di causalità e, dall’altro, alla (eventuale) componente esterna, danno morale subiettivo (o danno patrimoniale) da altro, diverso, ulteriore rapporto di causalità materiale. In senso ampio, dunque, anche l’evento “menomazione dell’integrità fisio-psichica” del soggetto offeso, è conseguenza, ma tale è rispetto al comportamento, mentre, a sua volta, è causa (ove in concreto esistano) delle ulteriori conseguenze, in senso proprio, dell’intero fatto illecito, conseguenze morali subiettive o patrimoniali. Il danno morale subiettivo, che si sostanzia nel transeunte turbamento psicologico del soggetto offeso, è danno-conseguenza, in senso proprio, del fatto illecito lesivo della salute e costituisce, quando esiste, condizione di risarcibilità del medesimo. Il danno biologico è, invece, l’evento, interno al fatto lesivo della salute, che deve necessariamente esistere ed essere provato, non potendosi avere rilevanza delle eventuali conseguenze esterne all’intero fatto (morali o patrimoniali) senza la completa realizzazione di quest’ultimo, ivi compreso, ovviamente, l’evento della menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto offeso. Il danno-biologico (o fisiologico) è danno specifico, è un tipo di danno, identificandosi con un tipo di evento. Il danno morale subiettivo è, invece, un genere di danno-conseguenza, che può derivare da una serie numerosa di tipi di evento; così come genere di danno-conseguenza, condizione obiettiva di risarcibilità, è il danno patrimoniale, che, a sua volta, può derivare da diversi eventi tipici.” La tutela del danno alla salute57 va rinvenuta nel combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. e nel d.lgs. 4 marzo 1947 n. 1968, il quale, nel recepire la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (costituita a New York il 22 luglio 1947), fornisce una definizione di salute come “benessere fisico, psichico e sociale e non consistente soltanto in un’assenza di malattia o di infermità. Il possesso del migliore stato di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”. Nell’ordinamento italiano58 vi sono diverse discipline in tema di salute: alcune ne tutelano l’integrità (artt. 32 Cost. e 2043 c.c. secondo l’interpretazione della sentenza 184/1986), altre ne definiscono il significato e devono essere comunque applicate, indipendentemente dal fatto che se ne condivida o meno il contenuto. Questi dati vengono oggettivamente riscontrati nell’art. 4 della l. 194/197859, che prevede che la donna possa interrompere la gravidanza quando il parto o la maternità “comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica”; l’art. 9 dello Statuto dei Lavoratori60 differenzia la tutela della salute del lavoratore e la sua integrità fisica, come l’ articolo 2087 c.c. quando tratta della “tutela dell’integrità fisica” e della “personalità morale” dei prestatori di lavoro: se l’integrità fisica coincidesse con la nozione di salute, il legislatore non avrebbe distinto i due concetti61 . La definizione del concetto di salute data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e recepita dall’ordinamento, indica, di conseguenza, che in Italia è tutelata non solo la malattia in sé, ma anche il benessere generale dell’individuo. Così individuato, il danno biologico potrebbe essere scisso in due componenti: 1) l’aspetto statico, ovvero la menomazione di carattere fisico o psichico che la vittima subisce a prescindere dalla ripercussione che potrà avere, 2) l’aspetto dinamico, ovvero gli eventi consequenziali derivanti dalla lesione. In questa categoria, la giurisprudenza ha ideato una serie di ipotesi risarcitorie autonomamente elaborate:
il danno estetico: consistente nella menomazione dei caratteri morfologici della persona;
il danno alla vita di relazione;
il danno alla vita sessuale;
l’incapacità lavorativa generica.
Questi criteri, pur avendo una matrice oggettiva applicabile ai casi concreti, sono legati al principio della personalizzazione del danno in sede di liquidazione. Fu infatti la Corte di Cassazione, con una serie di pronunce degli anni novanta, a fissare una sorta di linea guida della tutela risarcitoria del danno biologico, articolata nell’esigenza di una uniformità pecuniaria di base da equilibrarsi con la necessaria elasticità e flessibilità che i casi concreti spesso richiedono. Per adempiere a questi indirizzi, le corti di merito, a partire dal Tribunale di Milano (1995), hanno elaborato delle tabelle62 per la liquidazione del danno biologico, che hanno però dato l’esito inverso: non vi fu, infatti, un’uniformità nell’elaborazione delle tabelle, creando di fatto delle disparità di trattamento. La tabella del Tribunale di Milano è basata sul principio “progressivo”, ove il valore monetario del singolo punto di validità aumenta con l’aumentare dell’invalidità permanente complessiva, e il principio “regressivo”, ove il valore decresce con il crescere dell’età dell’individuo leso. Per rimediare a questa mancanza, il Gruppo di Ricerca del C.N.R. sul danno alla salute, nel 1996, ha redatto una tabella a carattere nazionale, con esiti non efficaci, alla luce del fatto che tutt’ora vi sono delle differenze risarcitorie che variano da un tribunale all’altro.
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Il danno biologico
Come anticipato, il danno biologico è una tipologia di lesione sconosciuta al codice civile, ma accreditata da dottrina e giurisprudenza, consistente nel pregiudizio arrecato all’integrità soprattutto fisica (ma anche psichica) dell’individuo. La definizione fornita dalla Corte di Cassazione lo identifica come una menomazione dell’integrità psico-fisica in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul valore-uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto dell’ambiente in cui la vita si esplica, e avente rilevanza non solo economica, ma anche biologica, sociale ed estetica56”. Questa figura è stata creata nel corso degli anni grazie all’operato della giurisprudenza, affiancandosi al danno patrimoniale e al danno morale previsto dalla legge, acquisendo sempre più un settore ben determinato: lede, infatti, l’efficienza somatopsichica del soggetto. Solo la Corte Costituzionale, nella sentenza 184/86, ha delineato i confini del danno biologico rispetto agli altri: “Il danno biologico costituisce l’evento del fatto lesivo della salute mentre il danno morale subiettivo (ed il danno patrimoniale) appartengono alla categoria del danno-conseguenza in senso stretto. La menomazione dell’integrità psico-fisica dell’offeso, che trasforma in patologica la stessa fisiologica integrità (e che non è per nulla equiparabile al momentaneo, tendenzialmente transeunte, turbamento psicologico del danno morale subiettivo) costituisce l’evento (da provare in ogni caso) interno al fatto illecito, legato da un lato alla componente interna del fatto, il comportamento, da un nesso di causalità e, dall’altro, alla (eventuale) componente esterna, danno morale subiettivo (o danno patrimoniale) da altro, diverso, ulteriore rapporto di causalità materiale. In senso ampio, dunque, anche l’evento “menomazione dell’integrità fisio-psichica” del soggetto offeso, è conseguenza, ma tale è rispetto al comportamento, mentre, a sua volta, è causa (ove in concreto esistano) delle ulteriori conseguenze, in senso proprio, dell’intero fatto illecito, conseguenze morali subiettive o patrimoniali. Il danno morale subiettivo, che si sostanzia nel transeunte turbamento psicologico del soggetto offeso, è danno-conseguenza, in senso proprio, del fatto illecito lesivo della salute e costituisce, quando esiste, condizione di risarcibilità del medesimo. Il danno biologico è, invece, l’evento, interno al fatto lesivo della salute, che deve necessariamente esistere ed essere provato, non potendosi avere rilevanza delle eventuali conseguenze esterne all’intero fatto (morali o patrimoniali) senza la completa realizzazione di quest’ultimo, ivi compreso, ovviamente, l’evento della menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto offeso. Il danno-biologico (o fisiologico) è danno specifico, è un tipo di danno, identificandosi con un tipo di evento. Il danno morale subiettivo è, invece, un genere di danno-conseguenza, che può derivare da una serie numerosa di tipi di evento; così come genere di danno-conseguenza, condizione obiettiva di risarcibilità, è il danno patrimoniale, che, a sua volta, può derivare da diversi eventi tipici.” La tutela del danno alla salute57 va rinvenuta nel combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. e nel d.lgs. 4 marzo 1947 n. 1968, il quale, nel recepire la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (costituita a New York il 22 luglio 1947), fornisce una definizione di salute come “benessere fisico, psichico e sociale e non consistente soltanto in un’assenza di malattia o di infermità. Il possesso del migliore stato di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”. Nell’ordinamento italiano58 vi sono diverse discipline in tema di salute: alcune ne tutelano l’integrità (artt. 32 Cost. e 2043 c.c. secondo l’interpretazione della sentenza 184/1986), altre ne definiscono il significato e devono essere comunque applicate, indipendentemente dal fatto che se ne condivida o meno il contenuto. Questi dati vengono oggettivamente riscontrati nell’art. 4 della l. 194/197859, che prevede che la donna possa interrompere la gravidanza quando il parto o la maternità “comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica”; l’art. 9 dello Statuto dei Lavoratori60 differenzia la tutela della salute del lavoratore e la sua integrità fisica, come l’ articolo 2087 c.c. quando tratta della “tutela dell’integrità fisica” e della “personalità morale” dei prestatori di lavoro: se l’integrità fisica coincidesse con la nozione di salute, il legislatore non avrebbe distinto i due concetti61 . La definizione del concetto di salute data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e recepita dall’ordinamento, indica, di conseguenza, che in Italia è tutelata non solo la malattia in sé, ma anche il benessere generale dell’individuo. Così individuato, il danno biologico potrebbe essere scisso in due componenti: 1) l’aspetto statico, ovvero la menomazione di carattere fisico o psichico che la vittima subisce a prescindere dalla ripercussione che potrà avere, 2) l’aspetto dinamico, ovvero gli eventi consequenziali derivanti dalla lesione. In questa categoria, la giurisprudenza ha ideato una serie di ipotesi risarcitorie autonomamente elaborate:
il danno estetico: consistente nella menomazione dei caratteri morfologici della persona;
il danno alla vita di relazione;
il danno alla vita sessuale;
l’incapacità lavorativa generica.
Questi criteri, pur avendo una matrice oggettiva applicabile ai casi concreti, sono legati al principio della personalizzazione del danno in sede di liquidazione. Fu infatti la Corte di Cassazione, con una serie di pronunce degli anni novanta, a fissare una sorta di linea guida della tutela risarcitoria del danno biologico, articolata nell’esigenza di una uniformità pecuniaria di base da equilibrarsi con la necessaria elasticità e flessibilità che i casi concreti spesso richiedono. Per adempiere a questi indirizzi, le corti di merito, a partire dal Tribunale di Milano (1995), hanno elaborato delle tabelle62 per la liquidazione del danno biologico, che hanno però dato l’esito inverso: non vi fu, infatti, un’uniformità nell’elaborazione delle tabelle, creando di fatto delle disparità di trattamento. La tabella del Tribunale di Milano è basata sul principio “progressivo”, ove il valore monetario del singolo punto di validità aumenta con l’aumentare dell’invalidità permanente complessiva, e il principio “regressivo”, ove il valore decresce con il crescere dell’età dell’individuo leso. Per rimediare a questa mancanza, il Gruppo di Ricerca del C.N.R. sul danno alla salute, nel 1996, ha redatto una tabella a carattere nazionale, con esiti non efficaci, alla luce del fatto che tutt’ora vi sono delle differenze risarcitorie che variano da un tribunale all’altro.

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